Una finestra aperta sulla «grande époque»

Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805

Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805

Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805

Stefano Manni  

Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805

Generale di Divisione di cavalleria pesante

Il dipinto, che trae ispirazione da una delle tante e celebri tele di Edouard Detaille, l’insigne maestro francese (allievo prediletto di Jean Louis Ernest Meissonier), ispiratore di cospicua parte dei miei lavori a tema Napoleonico, vuole fare omaggio e memoria ad uno dei più grandi e carismatici comandanti di cavalleria che hanno servito sotto l’Imperatore: il Generale Jean Joseph Ange, conte d’Hautpoul. Legatissimo alla specialità dei corazzieri (che magistralmente guidò, assieme al Generale Nansouty, nella fragorosa e travolgente carica che ad Austerlitz sbaragliò il corpo di cavalleria austriaco, consegnando a Napoleone una delle sue più brillanti e leggendarie vittorie), ci viene tramandato come un uomo di imponente presenza fisica, (una sorta di gigante, per l’epoca), spesso in sella a cavalli poderosi, pur nella flessuosità ed eleganza proprie dell’animale “motore della civiltà”. Nato il 13 maggio 1754 a Cahuzac sur Vère, da una delle più illustri e datate famiglie di Francia, aveva soltanto 15 anni quando, per la prima volta, vestì l’uniforme della Legione Còrsa. Due anni più tardi, si ha notizia di lui nelle fila dei Cacciatori della Linguadoca e nel 1777 ricevette le sue prime spalline da ufficiale: Sottotenente. Dopo lo scoppio della Rivoluzione, nonostante i suoi nobili natali, non pensò di lasciare l’Esercito e, tra il 1792 ed il 1794 bruciò rapidamente le tappe della carriera militare. La sua carismatica personalità, unita all’eccezionale ascendente che aveva sui sottoposti, ne fecero un comandante talmente amato e popolare che, nelle tragiche e concitate fasi socio-politico-istituzionali che portarono, tra l’altro, nel 1794 ad un decreto della Convenzione Nazionale che prevedeva l’espulsione dai ranghi di tutti gli ufficiali provenienti dalla Nobiltà, egli beneficiò di una sorta di “amnistia”, a seguito di specifica e pressante richiesta dei suoi stessi uomini, che gli consentì di conservare il proprio posto di comando, dandogli modo di continuare a distinguersi per coraggio, perizia ed intuitivo acume operativo. In quello stesso anno (1794), in pieno “Grande Terrore”, che per molti altri suoi assai meno stimati colleghi segnò la fine della carriera, e per ben più d’uno anche la rapida e triste salita dei gradini del palco della ghigliottina, d’Hautpoul fu addirittura promosso Generale di Brigata. Agli esordi del conflitto della Seconda Coalizione, i Generali Lefebvre e Jourdan tentarono di addossargli l’intera responsabilità della disfatta francese a Stockback (25 marzo 1799), ma la Corte Marziale, all’uopo costituita per esaminare la sua condotta nel fatto d’arme, lo assolse…ed il nostro uomo fu posto alle dipendenze del Generale Moreau, mettendosi in luce in numerosi ed aspri scontri col nemico, tra cui quello di Hoenlinden (3 dicembre 1800). Nel 1801 assunse la carica di Ispettore Generale dell’Arma di Cavalleria. Dal 1805 la sua storia personale è legata a doppio filo con quella dei corazzieri, alla cui testa caricò a Jena. Nel corso della dura “Campagna d’Inverno” del 1807, fu artefice di un’epica azione risolutiva condotta presso la località di Hoff, e fu in quell’occasione che Napoleone lo abbracciò davanti all’intera divisione che egli aveva così brillantemente comandato. Era in prima fila, davanti ai suoi fidi uomini dall’elmo crinito, anche durante il “macello” di Eylay (8 febbraio 1807), dove fu ferito in modo devastante ad una gamba. Il buon chirurgo Dominique Jean Larrey, tentò invano, per avere qualche speranza di salvargli la vita, di convincerlo della necessità dell’amputazione. Come sarebbe stato facilissimo presumere, il generale decise di tenersi l’arto maciullato e solo la sua straordinaria tempra gli consentì di sopravvivere, benché agonizzante, a quella epica battaglia (dove Murat guidò la più grande carica di cavalleria della storia, circa 10800 sciabole)…morì poi a Vornen, una settimana più tardi, pianto con profondo, ma composto e virile dolore, da tutti i suoi uomini. Per i meriti che lo contraddistinsero in vita giunse, quasi dal nulla, ad essere Generale di Divisione, Senatore e Grande Aquila della Legion d’Onore. Una tersa giornata autunnale, dove un sole non violento gioca con i cromatismi tipici della stagione sui brulli prati e con le foglie ingiallite sui rami, fa dunque da sfondo, nel quadro che ho dipinto, a questa celebre figura di ufficiale che ho immaginato montare un cavallo dal mantello baio e “balzano da tre (il vecchio adagio recita: balzano da tre, cavallo da Re) piccolo calzato”. Lo vediamo indossare la tunica blu scuro, d’ordinanza per il suo grado, con le tre stellette argentee da Generale di Divisione, visibili su uno dei due fiocchi della fascia in seta oro e porpora-scarlatto, che gli cinge la vita alla base del corpetto-corazza. Da uno studio attento  delle fonti iconografiche più autorevoli, sembra che vi fossero 2 tipologie di questa fascia ventrale da Generale; entrambe dorate ma una guarnita di striscie leggermente oblique e parallele con all’interno fitti segmenti, anch’essi paralleli, nel colore del rango (scarlatti per Generale di Divisione ed azzurri per Generale di Brigata), l’altra ove gli stessi segmenti erano disposti, diritti, lungo file orizzontali. La suddetta tunica, a falde lunghe, ha colletto, paramani, bottoniera al petto, tasche e falde, guarnite da preziosi ricami in oro a motivo di foglie di lauro. Le spalline, frangiate in spessa canutiglia, sono anch’esse in oro (erano argento per gli ufficiali non generali). L’elmo sembra essere quello distribuito agli ufficiali della specialità tra il 1804 ed il 1806 seppur con qualche modifica fuori ordinanza (prassi comunissima) dovuta, nel nostro caso, all’importanza dell’uomo, quali il bulbo della tulippe in rame dorato e inciso, il crine di cavallo che orna il cimiero più folto ed applicato più indietro, sul cimiero stesso, rispetto alla norma e l’orecchione del soggolo interamente in rame dorato (inclusa la sottile circonferenza, attorno alla piccola faccia di leone interna, che gli ufficiali di grado inferiore avevano in metallo chiaro). All’elegante ed elaborato reggi-piumetto è stato applicato uno sgargiante pennacchio bianco con base rossa. La corazza è anch’essa del modello distribuito agli ufficiali tra il 1804 ed il 1809 con spallaci istoriati e, per i soli ufficiali superiori e generali, con motivo ornamentale a foglie di lauro incise lungo il perimetro interno, dietro la rivettatura. Il tessuto scarlatto che deborda dalla corazza, è doppiamente gallonato in argento. I calzoni (chiari nel caso del nostro protagonista), gli stivali alti con para-ginocchio e gli speroni in ferro brunito, fissati con una cinghietta in cuoio nero, erano effetti d’ordinanza per tutta la Cavalleria Pesante (Corazzieri, Carabinieri, Granatieri a Cavallo) e Dragoni. Il Generale è armato, oltre che con la tradizionale coppia di pistole celate dai copri-fonde sulla sella), con la sciabola dall’elegante ed elaborata impugnatura prevista nel modello da ufficiale, montata su una lama leggermente ricurva (alla “Montmorency”)…opzione concessa agli ufficiali delle truppe pesanti, come alternativa alla lama diritta, prevista in ogni caso per sottufficiali e truppa). Il fodero è in rame dorato ed istoriato con fornimenti in cuoio nero (anche se di solito i foderi destinati a lame ricurve, avevano i fornimenti in metallo chiaro…evidentemente un’altra deroga alla regola). La corta gualdrappa, la sella ed i copri-fonde sono in tessuto porpora-scarlatto e riccamente ricamati e gallonati in oro mentre le elaborate staffe in metallo dorato (normalmente utilizzate in parata o cerimonia), sono state sostituite, per la campagna, con più comuni staffe in ferro brunito, anche se fissate a staffili d’ordinanza in cuoio rosso, da ufficiale. I finimenti della fiera cavalcatura comprendono testiera, redini e pettorale (orizzontale) in cuoio nero (con fibbiame e morso in rame dorato) e capezzina e false redini dorate.

Olio su tela

Cm 40 x 30

Collezione dell’Autore

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