Après l’action
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Après l’action
Officier, trompette et dragons du 4e Regiment – Tenue de service et campagne 1806 / 1807 – olio su tela, cm. 30 x 24 – Omaggio a Lucien Rousselot, Jean Baptiste Edouard Detaille, Tiziano Tonelli e al Marckolsheim.
Questa mia tela, contenuta nelle dimensioni ma nondimeno densa e pregna di una delle unità più celebri e celebrate della Cavalleria di Linea dell’Imperatore, rappresenta un ufficiale subalterno ed un trombettiere del 4° Dragoni di Linea in tenuta di servizio e campagna (sullo sfondo, nell’evanescenza del gioco cromatico di luce e polvere, si intuisce un gruppo di cavalieri che segue).
Il periodo di riferimento è collocabile tra
la seconda metà bassa del 1806 e l’inizio del 1807 (Campagna d’Inverno) ed uno squadrone del reggimento, o parte di esso, sembra avvicinarsi, al trotto sostenuto, al luogo ove dovrà sfilare, con ogni probabilità al cospetto dell’Imperatore, a seguito di una manovra di addestramento o di un’azione vittoriosa.
Al termine della concitata mattanza del periodo rivoluzionario, il futuro Imperatore (allora Primo Console della giovane Repubblica Francese), nel suo continuo intento di riparare ai guasti dell’estremismo giacobino con riforme e decisioni, portò a 30 il numero dei reggimenti di dragoni ereditati dal passato regime (benché, ancora nel 1805, il VII Ussari bis, il XIII e XIV Ussari, riconvertiti in dragoni, stessero attendendo uniformi, armamento, sellerie ed equipaggiamenti della nuova specialità e seguitassero a presentarsi abbigliati alla ussara).
Anche se, con l’andare del tempo, tradizioni e metodologia di impiego hanno senza dubbio contribuito ad assimilare i dragoni a reparti di cavalleria pesante, di fatto essi nascono come “fanti montati”, in grado, cioè, di spostarsi a cavallo (sfruttando il nobile quadrupede per conferire maggiore rapidità ai movimenti) e combattere agevolmente sia appiedati che in sella (peculiarità di cui tutti gli effettivi, di ogni rango, sono sempre andati orgogliosi) e, dunque, classificabili, se proprio si vuole, come cavalleria media.
La visuale del dipinto, insolita ma, ritengo, di buon impatto, vuole dare alla scena lo stesso effetto che, nei “road movie” viene spesso realizzato inquadrando, da una certa altezza, motocicli o auto in movimento di fronte, focalizzando sul soggetto in primo piano lasciando, in più o meno leggero sfumo, gli elementi di contorno. In questo particolare caso, si può supporre che l’immaginario osservatore, guardi la scena dal piano rialzato di un carriaggio che precede immediatamente la figura in primo piano.
L’ufficiale indossa la tunica a doppio petto, semiaperta sul davanti, a falde lunghe nel colore di specialità (verde medio) con mostre al colletto, risvolti al petto ed alle falde e paramani nella tinta reggimentale (scarlatto…apprezzabile nonostante l’uso, le comprensibili macchie, nonché la polvere residuo dell’azione). Il fatto che si tratti di un subalterno, risulta immediatamente visibile dalla sola spallina sinistra frangiata in canutiglia argentata.
La base dei risvolti alle falde, è guarnita da un fregio di granata (comune a tutte le truppe pesanti) in filo argentato (in panno verde per il restante personale e bianco per i trombettieri), mentre i vari bottoni (32 in totale, 22 dei quali piccoli e 11 grandi) dislocati sulla giubba, sono in peltro (ma non di rado anche in argento…sicuramente per gli ufficiali superiori) e recano, in piccolissimo altorilievo, il numerale del reparto.
Il panciotto è di panno bianco (con bottoni leggermente semisferici, che potevano essere anch’essi in peltro ma anche, come nel caso del nostro uomo, ricoperti di tessuto nel medesimo colore del panciotto). Il capo reca, poi, 2 false tasche laterali con patta a 3 punte.
Il cinturone (con abbondante fibbia rettangolare in rame-ottone, vuota all’interno, ma che poteva anche essere a due rosoncini raccordati da gancio ad “S”, con piccoli altorilievi a teste leonine o di Gorgonne) ed i pendagli reggi sciabola sono in cuoio tinto bianco.
L’ufficiale è armato, oltre che con le due pistole d’ordinanza poste nelle fonde ai lati dell’arcione anteriore della sella (ricoperte dagli appositi copri-fonde in tessuto verde medio, con perimetro guarnito da singolo gallone argentato spesso 45mm), con la sua lunga sciabola (in questo caso a lama diritta, ma che poteva anche essere leggermente ricurva) dalla vistosa e cesellata impugnatura a “Garde de Bataille” (come riferito da Tiziano Tonelli alla pagina 19 di uno dei suoi splendidi trattati dal titolo “L’armamento della cavalleria napoleonica-dalla Repubblica all’Impero 1792-1815-Regno Italico e Regno di Napoli” – Ermanno Albertelli Editore). Modelli pressoché analoghi (con, o meno, ulteriore fregio a granata) erano in uso presso i pari grado della specialità corazzieri. La lama, opportunamente scanalata, era sovente guarnita, nel primo terzo a partire dall’elsa (parte “forte”), da eleganti foglie d’oro ed “ingentilita” da riflesso più o meno azzurrato. Può apparire insolito che un giovane subalterno sfoggi un’arma bianca tanto raffinata (riflessi azzurrati e motivi ornamentali dorati erano certamente quasi la norma per gli ufficiali superiori), ma è possibile si tratti dell’eredità di qualche parente…una sorta di “lama di famiglia”, che il nostro non ha difficoltà ad esibire con comprensibile orgoglio.
Il fodero presenta porzioni di rinforzo in rame-ottone ed almeno 2 fornimenti in cuoio nero.
Non è ancor giunto il momento (1811 – 1812) in cui, anche per gli ufficiali dei dragoni della linea, entrerà in servizio l’elegante elmo “a la Minerve” (assai costoso, dalla foggia estremamente slanciata, ellenizzante e con la copertura in pelle di leopardo estesa sia al turbante che alla visiera) e questo giovane, ma già navigato subalterno, calza uno dei modelli da truppa modificati per ufficiali, con pelle di “pantere” limitata al solo turbante e con la visiera in cuoio il cui bordo è rinforzato da una sottile lamina di rame ottonato. Gli orecchioni a rosetta, come le scaglie che ricoprono gran parte dei sottogola, e l’istoriato bulbo che contiene l’eccedenza del crine, sono anch’essi effetti in rame ottonato.
L’azione è terminata e, in previsione dello sfilamento, gli uomini hanno guarnito i propri elmi con il vistoso pennacchio rapidamente estratto, con ogni probabilità, dalla valigetta porta-mantello verde medio gallonata in bianco, posta dietro l’arcione posteriore della sella, ed inserito nell’apposita “tulippe” davanti all’orecchione sinistro.
Circa questo oggetto, mentre la pressoché totalità delle fonti sembra essere concorde sulla punta scarlatta, secondo alcune il resto del piumaggio sarebbe stato verde scuro, secondo altre nero.
Ho ritenuto di dare credito a queste ultime con sufficiente serenità…d’altra parte l’autorevolissima Osprey Publishing riferisce, proprio a proposito degli elmi dei dragoni, che ve ne erano di svariati modelli e fatture, differenti per inclinazione, altezza ed istoriazioni del cimiero, per il sottogola (che poteva essere in cuoio semplice o rivestito a scaglie di rame ottonato), per il turbante (a profilo diritto, a punta o a punta meno marcata, con o senza bordino superiore in rame), per la visiera in cuoio (che poteva recare o meno il sottile rinforzo in rame dorato)…e, appunto, per i pennacchi (che potevano sensibilmente differire per altezza, diametro, volume e colori e non solo da reggimento a reggimento, ma addirittura da uno squadrone all’altro del medesimo reggimento e da un anno a quello successivo).
Come peraltro si desume dalle tavole del Rousselot, in tempi posteriori alla scena da me dipinta (sicuramente intorno al 1812, allorquando anche la tunica a falde lunghe venne dismessa per essere sostituita dal più alla moda “habit-veste” a falde sensibilmente più corte, abbottonato sino in vita e privo dell’apertura a “V” rovesciata sul davanti dei risvolti), anche se di certo ben più di qualcuno sarà rimasto affezionato ai propri sgargianti pennacchi, questi vennero sostituiti da pon-pon lenticolari colorati.
Gli stivali sono del tipo con para-ginocchio (calzati con o senza ghette interne in tessuto biancastro) e speroni fissati a mezzo cinghietta, con fibbia e sotto-scarpa (come per la cavalleria pesante…lo stesso dicasi per i guanti cosiddetti “alla moschettiera”) mentre i calzoni sono in pelle scamosciata con robusta cucitura sui lati esterni della coscia (che poteva includere, o meno, bottoni d’osso ricoperti di tessuto). Anche questo capo poteva recare 2 tasche laterali orizzontali con patta a 3 punte e chiusura con bottoncino centrale o, come in questa immagine, due piccole tasche ad apertura verticale.
La selleria del nostro uomo (sella slanciata, priva di arcione posteriore) includeva una copertina in panno verde medio gallonata ai bordi in argento e recante, ai vertici posteriori, un fregio di granata argentato (con in aggiunta, o meno, il numerale del reparto).
Alle sue spalle, svetta l’Aquila Imperiale in bronzo dorato dalla cui asta, nella dissolvenza della polvere e del sole, si percepisce il leggero fluttuare di parte dei lembi liberi rosso e blu del guidone reggimentale. La dinamicità e l’emozione dell’azione tra la polvere, hanno lasciato una leggera screpolatura sulle labbra del nostro animoso subalterno.
Il trombettiere (che pare giovanissimo, davvero poco più che un ragazzo, come numerosi musicanti della Grande Armèe), in accordo con un dettagliato disegno del Marckolsheim, indossa una tunica a colori invertiti rispetto ai suoi commilitoni (i cui risvolti al petto sono impreziositi da una sottile gallonatura bianca) mentre, dal cimiero dell’elmo, un abbondante crine bianco si muove ai sussulti del trotto ed alla brezza che spira dalla destra di chi guarda l’immagine.
I risvolti alle falde sono verde medio con fregio a granata in lana bianca ed il suo pennacchio è bianco con base scarlatta.
Anche questo imberbe soldato dell’Imperatore, come riportato in una delle tavole del Rousselot, è provvisto di bandoliera in cuoio tinto bianco con giberna in cuoio nero.
Pur impugnando la sua sciabola regolamentare a lama diritta (con doppio sguscio ed elsa in rame-ottone a 3 rami, pressoché identica a quella dei corazzieri, ma con fodero in cuoio con semplici e lineari elementi di rinforzo in rame-ottone) con la mano destra, il ragazzo ha curiosamente messo la tromba a tracolla sulla sua spalla destra (certamente si tratta di un mancino che, per esigenze di uniformità in sede di sfilamento, ha dovuto impugnare l’arma bianca con la mano a lui meno familiare).
Sempre citando la Osprey Publishing, disposizioni risalenti al 4 brumaio dell’anno X, in materia di selleria, recitavano che le selle di tipo francese per i dragoni recassero, ai lati dell’arcione anteriore, due coppie di copri-fonde in tessuto verde medio, gallonate con passamaneria bianca (e così era), ma le nuove direttive datate 1812, ufficializzarono la pratica alternativa, di larghissima diffusione già da svariati anni, di utilizzare una gualdrappa in vello di pecora (bianca per i dragoni e nera per i loro musicanti) bordata da gallone “a denti di lupo” nel colore reggimentale.
Per tutti gli uomini qui raffigurati (trombettiere incluso ma con l’eccezione dell’ufficiale la cui bardatura non la prevedeva) l’affardellamento valigia-mantello è lo stesso (valigia in tinta verde medio gallonata in bianco sulle facce laterali, con cifra reggimentale al centro nella stessa tinta e mantello biancastro ripiegato in modo da rendere visibile la saia interna scarlatta).
Tra le campagne militari in cui il 4° Dragoni ha avuto modo di distinguersi, figurano, senz’altro, la già citata “Campagna d’Inverno” (1806 – 1807) e l’estenuante “Guerra Peninsulare” nella Penisola Iberica.
Bibliografia:
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Tiziano Tonelli – L’armamento della cavalleria napoleonica – Ermanno Albertelli Editore
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Collana “Soldatini dell’epoca napoleonica” – dispensa n. 20 – I Dragoni di Napoleone – Edizioni Del Prado (Osprey Publishing)
complimenti sono bellisime
le sue opere
firmato dal suo ex soldato batteria a cavallo
sc 8 90
26 gennaio 2015 alle 21:12