Una finestra aperta sulla «grande époque»

L’adieux des Gèants

Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna), L’addio dei Giganti

Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)

L’addio dei Giganti

Libera interpretazione della celebre opera di Paul Emile Boutigny. Olio su tela, cm. 40 x 50, collezione dell’autore.

Ho dipinto questa scena, ispirandomi (reinterpretandola in maniera volutamente “intimista”) ad una bellissima opera di Paul Emile Boutigny.

Nell’originale del grande maestro francese, l’ultimo incontro tra l’Imperatore e “l’Orlando dell’Armata”, avviene nella mesta confusione di un bivacco, in una corte rurale, certamente occupata per esigenze logistiche legate alla guerra in corso e adibita a provvisorio posto di medicazione da campo, dove il Chirurgo Capo dell’Armata, ha da poco terminato l’operazione di amputazione della gamba destra del maresciallo. A qualche metro dalla improvvisata barella dove giace Lannes, in secondo piano e quasi evanescenti, i membri del nutrito seguito dell’Imperatore.

Nel mio lavoro, ho invece immaginato che, informato dell’imminente visita di Napoleone, il Maresciallo Lannes, già a disagio per doversi presentare all’augusto amico amputato e sporco di sangue, si sia fatto sistemare alla meglio su una portantina approntata a giaciglio per la bisogna, abbia indossato la giubba della “Demi Tenue” (spazzolata e riattata alla meglio dagli attendenti, ma che non può non mostrare i segni dell’usura e della durezza dei combattimenti in prossimità del fiume) per il suo grado e rango, e si sia fatto portare fuori dalla situazione di dolore, squallore e promiscuità nella quale ha subito la cruenta operazione.

Nella situazione di debilitazione in cui versa il ferito (testimoniata tra l’altro dal pallore del volto e dai capelli inumiditi dal sudore), il freddo che certamente avrebbe avvertito al piede sinistro scalzato, è attenuato dalla coperta che un sollecito attendente ha sistemato a riparo dell’estremità.

Il luogo scelto, è un piccolo dosso, nello spiazzo di un’aia (dal terreno compartimentato, appena fuori dall’agglomerato rurale, di cui si vedono un probabile edificio-magazzino, con assai presumibili funzioni di legnaia, e l’ingresso della corte ad arco, adibito a bivacco- ricovero), non distante dalla carrareccia da cui probabilmente sarà arrivato il convoglio imperiale.

La luce è quella di una tersa prima sera del 22 maggio 1809 e la sfumata profondità della linea dell’orizzonte, è preludio dell’Infinito verso cui è ormai proiettato l’eroe morente.

Tutto il seguito dell’Imperatore (fuori inquadratura), si è discretamente allontanato per garantire, pur nella generale e corale commozione, la necessaria intimità al supremo addio.

In terzo piano, oltre i piccoli tratturi a sbalzi, uno dei quattro “Chasseurs a Cheval” della Guardia Imperiale (nella Tenuta di Campagna senza “pelisse”), incaricati della difesa ravvicinata della persona di Napoleone il quale, senza rinunciare al suo ufficio, si è anch’egli andato a posizionare più lontano del solito ma, comunque, in modo da poter controllare una direttrice di possibile minaccia alla sicurezza dell’Imperatore.

Alle spalle del Maresciallo Lannes, un aiutante di campo ha appoggiato, su un paio di grezze coperte avvoltolate sul retro della lettiga, il suo Gran Bicorno da Maresciallo dell’Impero.

Sotto le copertine, in corrispondenza del ginocchio sinistro (anch’esso davvero male in arnese, con lesioni e tumefazione) è stata posta un’assicella o, comunque, un qualche cosa che possa servire a tenere l’arto nella posizione più diritta e composta possibile.

L’imperatore, che ha posato a terra uno dei suoi leggendari bicorni in feltro nero, con l’espressione di un intimo, ma virile dolore, si china sul corpo martoriato del suo forse unico vero amico, tenendo, con fraterna delicatezza, la di lui mano sinistra tra le sue.

Lannes, benchè nella situazione di estrema prostrazione in cui si trova, gli rivolge uno sguardo di dignitosa e umana tristezza, rischiarata da un amaro sorriso, e non già di sofferenza (mai si videro smorfie di dolore sul suo volto) e la mano destra, che impugna un lembo di una delle logore e sporche copertine, indica forse un tentativo di chiamare a raccolta le sue residue e fragili forze, per sollevarsi un po’ al cospetto del suo Imperatore (che è e sempre sarà l’uomo al quale salvò la vita).

Napoleone indossa la sua abituale tenuta di campagna, costituita da habit veste a la chasseur, fregiata da spalline in tessuto e canutiglia dorata, recanti il grado di “Colonnello d’Onore” dei Cacciatori a Cavallo della Guardia, la spilla a placca, in vecchio argento, di Grande Aquila della Legion d’Onore e le decorazioni della Legion d’Onore e della Corona di Ferro.

Al fianco, porta un’“Epèe” che sembra essere quella di Austerlitz (tra le tante, certamente una delle preferite).

Per le note biografiche sul Maresciallo Lannes rimando, su questo stesso sito, alla mia piccola tela a mezzobusto, intitolata “Le Roland de l’Armèe”.

Dessin-Etude preparatoire

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