Élan
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Élan
Tromba del VII Corazzieri, uniforme da campagna 1811 – inizi 1812 olio su tela, cm. 40 x 30
Lo slancio del “Tromba”, omaggio a Jean Louis Ernest Meissonier (l’illuminato maestro del grande Jean Baptiste Edouard Detaille), a Lucien Rousselot ed al Martinet.
Ho dipinto questo soggetto, ispirandomi e reinterpretando, uno splendido bozzetto “non finito” di Jean Louis Ernest Meissonier, ritraente un ufficiale dei corazzieri.
Nell’originale del Maestro francese, l’uomo è regolarmente equipaggiato con (altro…)
Derniere Trophèe
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Derniere Trophèe
Corazziere in uniforme da campagna, VIII reggimento, Waterloo, 18 giugno 1815, olio su tela, cm. 60 x 30
Ho dipinto questa tela, dalle insolite dimensioni, per celebrare un particolare episodio avvenuto durante gli epici ed epocali scontri di Quatre Bras e Waterloo.
Numerose fonti sembrano ormai concordi nell’affermare che, nel corso dei combattimenti, gli uomini dell’Imperatore siano riusciti a catturare tra le 4 e le 6 bandiere inglesi, mentre 2 sole Aquile pare siano cadute in mani nemiche a seguito dell’impetuosa ma sconclusionata carica degli “Scott Greys” (azione della cavalleria scozzese che, indisciplinata e disorganizzata, ancorchè animosa, superò si, la linea della “Grosse Batterie” francese a Waterloo ma, con i cavalli ormai stanchi per aver galoppato ben oltre il traguardo fissato per un ripiegamento in sicurezza, offrì centinaia di schiene alle picche dei lancieri avversari, tra cui si distinsero gli Ulani Polacchi della Guardia, che piombarono alle sue spalle su cavalcature fresche, trasformando in qualcosa di assai simile ad un’ecatombe, quella che, nell’animo dei cavalieri dalle giubbe scarlatte, sui loro “grigi”, doveva essere la loro più memorabile carica).
Chi è in linea con il “luogo comune” che vorrebbe che coloro che in un reparto sono addetti a mansioni logistiche non sappiano comportarsi benissimo anche in prima linea, è opportuno sappia che (altro…)
En manteau-capote
Stefano Manni
En manteau-capote
Sergente e corazziere del III Reggimento in uniforme da campagna con mantello-cappotto, 1812-1813
Olio su tela, cm. 40 x 30
Un omaggio a Jean Baptiste Edouard Detaille ed a Lucien Rousselot.
Nella singolare luce di un tardo pomeriggio autunnale, che volge ormai al tramonto, dove il sereno sembra voler tornare dopo abbondante pioggia, aiutato da una sostenuta brezza (che spira al traverso di destra, rispetto alla posizione di cavallo e cavaliere in primo piano), una pattuglia di due elementi del 3° Corazzieri sosta un istante a scrutare le possibili direzioni di provenienza di una eventuale minaccia agli acquartieramenti o bivacchi del reparto.
Il luogo sembra desolato, il paesaggio brullo e le condizioni (altro…)
Criniere blanche a la charge
Stefano Manni
Criniere blanche a la charge
Tromba del Settimo Corazzieri, tenuta da campagna 1811
La figura (liberamente mutuata ed adattata da una tela del grande Edourad Detaille), si ispira ad una tavola uniformologica a colori del Martinet, riportante una delle due versioni dell’uniforme dei musicanti del VII Corazzieri Francesi nell’anno in argomento, per la precisione, quella che prevede giubba e mostre al colletto color giallo giunchiglia, bottoniere e profilatura del colletto in blu e mantello (affardellato sulla valigia dietro l’arcione posteriore della sella), ripiegato in modo che sia visibile parte della saia interna scarlatta. La giubba è chiusa da 9 bottoni di peltro leggermente bombati e recanti, stampigliato, il numerale del reggimento. L’altra contemporanea versione, differisce nella tinta delle bottoniere e della profilatura del colletto, che sono bianchi. Per entrambi sono previsti calzoni al ginocchio in tessuto grezzo color ocra-marroncino (da utilizzarsi con ghette interne in tessuto bianco per una migliore calzata dello stivale alto con paraginocchio), pennacchio (se non riposto nella valigia recante il numerale del reggimento, come in questo frangente) scarlatto, così come la cordellatura della tromba. Le spalline sono in lana frangiata bianca. Il pennacchio scarlatto, destinato ad ornare l’elmo nelle occasioni ufficiali (ancorchè non di rado anche in campagna ne venisse fatto sfoggio), è stato certamente riposto nella valigia, se non lasciato presso l’alloggio o il bivacco. Il cinturone, che sulla sinistra reca i pendagli reggi sciabola, è in cuoio tinto bianco con fibbia in rame ottonato recante il fregio di granata in rilievo. Interessante rimarcare che, nonostante nella stragrande maggioranza delle rappresentazioni iconografiche i trombettieri del Settimo Corazzieri ci vengono tramandati come ligi alla tradizione che voleva i musicanti delle truppe “corazzate” indossare la vistosa giubba con bottoniere, a tinte diverse da reggimento a reggimento (derivante forse da una mancanza di effetti per tutti), questo reparto fosse l’unico ad avere corpetti a sufficienza anche per le sue “cornettes”. Che l’anno sia il 1811 è confermato anche dal fatto che il nostro, (contrariamente a tanti suoi commilitoni che preferirono ignorare, ancorchè non senza motivo, i regolamenti), indossa l’impopolare e scadente modello di elmo entrato in servizio, per la truppa dei corazzieri, proprio in quell’anno, e che, col suo cimiero privo di sbalzi e istoriazioni, la cattiva qualità del ferro per il coppo, della pelliccia del turbante, del rame ottonato del cimiero, del crine di cavallo ad ornamento dello stesso (bianco per trombettieri e nero per i cavalleggeri) e del soggolo, risultò un insoddisfacente surrogato dei precedenti, ma più costosi, modelli. La gualdrappa-coprifonde è in vello di pecora nero, profilata a denti di lupo nel colore reggimentale, mentre la copertina sottosella è blu scuro, gallonata in bianco e profilata in blu scuro e recante, nei vertici delle estremità posteriori, il fregio di granata (distintivo delle truppe pesanti), in stoffa bianca. Gli staffili sono in cuoio ungherese bianco, mentre la staffe sono in ferro brunito. L’uomo è armato con la sciabola d’ordinanza a lama diritta con fodero in ferro ed elsa in rame ottonato e con una coppia di pistole riposte nelle apposite fonde, situate sui quartieri alti della sella e celate dalla predetta gualdrappa in vello di pecora. Una cinghietta in cuoio, passante sotto la suola e sopra il collo del piede, assicura gli speroni agli stivali. L’eccitata cavalcatura del nostro protagonista, che ha sopravanzato di qualche lunghezza quelle montate dalle altre “sciabole” del Settimo, che caricano nel fragore, nella polvere e nel fumo del campo di battaglia, è grigia…come tradizione (e secondo la disponibilità) per i trombettieri di pressoché tutte la specialità montate.
Olio su tela
Cm 40 x 30
Collezione privata
Au petit trot
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Au petit trot
Ufficiali del Terzo Corazzieri – ufficiale del Settimo Ussari
Omaggio a Edouard Detaille
Questo lavoro, come la grande maggioranza dei miei, si ispira ad una tela del grande Jean Baptiste Edouard Detaille cui, nella mia, ho cambiato alcuni soggetti, eliminato altri e modificato il paesaggio. L’ originale del grande Maestro Francese, è incentrata su un generale di cavalleria pesante con la sua scorta, e su di un reparto di Grenadiers a Cheval, che si avvia sulla sua sinistra. La mia tela, mostra, invece, (altro…)
Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805
Stefano Manni
Au carrefour en une journèe d’automne: Souvenir de d’Hautpoul, 1805
Generale di Divisione di cavalleria pesante
Il dipinto, che trae ispirazione da una delle tante e celebri tele di Edouard Detaille, l’insigne maestro francese (allievo prediletto di Jean Louis Ernest Meissonier), ispiratore di cospicua parte dei miei lavori a tema Napoleonico, vuole fare omaggio e memoria ad uno dei più grandi e carismatici comandanti di cavalleria che hanno servito sotto l’Imperatore: il Generale Jean Joseph Ange, conte d’Hautpoul. Legatissimo alla specialità dei corazzieri (che magistralmente guidò, assieme al Generale Nansouty, nella fragorosa e travolgente carica che ad Austerlitz sbaragliò il corpo di cavalleria austriaco, consegnando a Napoleone una delle sue più brillanti e leggendarie vittorie), ci viene tramandato come un uomo di imponente presenza fisica, (una sorta di gigante, per l’epoca), spesso in sella a cavalli poderosi, pur nella flessuosità ed eleganza proprie dell’animale “motore della civiltà”. Nato il 13 maggio 1754 a Cahuzac sur Vère, da una delle più illustri e datate famiglie di Francia, aveva soltanto 15 anni quando, per la prima volta, vestì l’uniforme della Legione Còrsa. Due anni più tardi, si ha notizia di lui nelle fila dei Cacciatori della Linguadoca e nel 1777 ricevette le sue prime spalline da ufficiale: Sottotenente. Dopo lo scoppio della Rivoluzione, nonostante i suoi nobili natali, non pensò di lasciare l’Esercito e, tra il 1792 ed il 1794 bruciò rapidamente le tappe della carriera militare. La sua carismatica personalità, unita all’eccezionale ascendente che aveva sui sottoposti, ne fecero un (altro…)
Le cuirassier qui n’a jamais abandonnè le Colonel Chabert
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Le cuirassier qui n’a jamais abandonnè le Colonel Chabert
Corazziere del I Reggimento, uniforme da campagna 1806-1809
La tela è liberamente tratta dall’immagine di copertina del libro Napoleon en Pologne. La campagne de 1806-1807 di Natalia Griffon de Pleineville e Vladimir Chikanov, con prefazione di Jaques Garnier. Il soggetto è ispirato alla Campagna d’Inverno del 1806 – 1807, che vide i belligeranti sempre alle prese con condizioni meteorologiche durissime, dove raramente il terreno non era innevato e durante la quale ebbe luogo, tra le altre, anche la battaglia di Eylau, la più terribile della Campagna ed una tra le più cruente e sanguinose dell’intera Epopea Napoleonica. Da questo sanguinoso scontro, ha origine la vicenda narrata dalla struggente novella di Balzac, intitolata “Il Colonnello Chabert”. La battaglia avvenne dopo alcuni scontri, scaramucce e manovre che avevano già duramente impegnato i contingenti al comando dei marescialli Bernadotte, Ney, Murat e Lannes. Senza dilungarsi sui prodromi del fatto d’armi (l’insigne storico Andrea Frediani, nel suo volume Le grandi battaglie di Napoleone, riferisce che fu preceduto da una notte terribile, con la temperatura scesa fino a 30 gradi sotto lo zero termico, trascorsa dalla gran parte degli uomini di ambo gli schieramenti all’addiaccio e su un terreno pesantissimo, per l’impossibilità di trovare riparo nel villaggio), va subito detto che all’alba dell’ 8 febbraio 1807, una violenta tormenta di neve diede una ben poco confortevole sveglia ai soldati, mentre i cannoni russi (una formidabile batteria di oltre 100 bocche da fuoco) cominciarono a tuonare verso le otto del mattino sotto la neve abbondante che rendeva quasi impossibile distinguere con chiarezza i movimenti delle truppe. L’artiglieria francese, nonostante disponesse di meno della metà dei cannoni, rispose con prontezza ed il duello divenne talmente intenso che, come raccontato dal Frediani, fumi e calori sprigionati dalle bocche da fuoco e dagli incendi provocati negli edifici colpiti, giunsero addirittura a sciogliere a mezz’aria la neve mentre ancora scendeva. La battaglia ebbe esito incerto fino all’ultimo e in più di un’occasione l’Imperatore temette il disastro ma, in breve, forse la più grande carica di cavalleria della storia (circa ottanta squadroni per un totale di 10.700 sciabole, al comando di Murat) e l’ancorchè tardiva comparsa sul campo delle forze di Ney (intorno alle ore diciannove), risolsero in qualche modo la giornata a favore di Napoleone che, pare, ebbe a dire che si trattava di una vittoria col sapore amaro di una sconfitta (circa 15.000 morti nelle fila russe e con ogni probabilità, ben oltre 20.000 tra i francesi). La novella di Balzac, che ha ispirato un grande film con uno straordinario Gerard Depardieu (nella pellicola, tuttavia, un occhio attento ed iconograficamente preparato, non può non notare come lo stendardo del Primo Corazzieri rechi il drappo rosso-arancio repubblicano del “Premier Consul” fissato ad un’asta su cui troneggia l’Aquila Imperiale…una macroscopica incongruenza) parla proprio di un certo Colonnello Chabert, comandante ad Eylau dello stesso reggimento del nostro che, creduto morto in combattimento, venne gettato nella fossa comune e salvato da una coppia di contadini del luogo. Rientrato anni dopo nella Francia della Restaurazione, sotto Luigi XVIII, rincontra a Parigi la propria moglie, ormai risposata al Conte Ferraud, cui ha dato due figli, profondamente e prestigiosamente inserita nel nuovo establishment borbone. Il rinnovato splendore della vedova Contessa Chabert, ora Contessa Ferraud, e lo sfarzo di cui si circonda, contrastano con le miserevoli condizioni in cui versa il “resuscitato” Colonnello. La splendida penna di Balzac rende partecipi delle disavventure di questo eroe redivivo il cui grande, romantico e nostalgico cuore, si scontra con l’aridità umana, nonostante l’aiuto partecipe e sollecito di Mastro Derville “Procuratore”. L’uomo che ho dipinto, e che galoppa spronando la sua cavalcatura sul denso manto nevoso, indossa la tunica d’ordinanza del Primo Corazzieri per il periodo 1806-1809, con mostre al colletto scarlatte profilate in blu, falde corte con risvolti scarlatti e fregio di granata blu scuro. Paramani e patte ai paramani sono pure scarlatti, anche se i guanti alla moschettiera indossati non ne consentono la visione se non per un minimo, e ci chiedono, su questo, un atto di fede. Siamo nel 1806 – 1807 ed i corazzieri riceveranno in dotazione la carabina (oltre alle già presenti pistole), solo agli inizi del 1812 e, dunque, il nostro uomo indossa la sola bandoliera in cuoio tinto bianco, con giberna in cuoio tinto di nero e recante fregio di granata in ottone sulla patta anteriore, e non anche la rangona con moschettone e cinghietta reggi-moschetto, che verrà aggiunta alla buffetteria proprio nell’anno della campagna di Russia. Corazza ed elmo, con cimiero robusto, pesantemente istoriato ed ornato da crine di cavallo, sono del secondo modello, distribuito ai corazzieri tra il 1806 ed il 1808. La corazza, in particolare, reca spallacci ricoperti a scaglie di rame ottonato (quest’ultimo effetto rimase invariato, per la truppa, e non risentì delle tre varianti, per modello e foggia, che il corsetto subì tra il 1802 ed il 1815). Il corazziere, uomo alto e robusto, un vero “gigante a cavallo” (come dovevano essere quasi tutti gli effettivi alla cavalleria pesante, almeno fino all’impresa russa), si è staffato piuttosto lungo, data la pesantezza del fondo e, nella bardatura del cavallo, ha optato per la mezza gualdrappa anteriore in vello di pecora, gallonata a denti di lupo nel colore reggimentale, in sostituzione dei meno popolari copri-fonde in panno blu scuro gallonati in bianco. Il suo sbuffante destriero, pur tonico e quasi certamente frutto di requisizione in quei territori, non sembra essere di quelli di maggior taglia, normalmente montati dalle truppe dotate di corazza. Il nostro, che nonostante la tenuta da campagna sfoggia il suo sgargiante pennacchio scarlatto, normalmente riservato a ben altre occasioni, potrebbe far parte di una linea di carica che ha preceduto quella visibile sullo sfondo, o essere un uomo eroico ed animoso che ha sopravanzato tutti per affrontare primo il nemico… e a me piace immaginare che si tratti di un corazziere particolarmente legato al Colonnello Chabert e che, anche ad Eylau, resosi conto che il suo comandante stava soccombendo, si sia ancora una volta slanciato avanti a tutti per volare in suo soccorso.
Olio su tela
Cm 50 x 40
Collezione dell’Autore
Le trompette et la cocotte
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Le trompette et la cocotte
Trombettiere del II Reggimento Corazzieri, tenue de service 1806
Omaggio ad Edouard Detaille
Anche questo lavoro è una libera rivisitazione di una tela del grande Detaille e raffigura un trombettiere che, in attesa che il suo superiore esca dalla casa dove ha preso alloggio, per essere da lui accompagnato in ricognizione od in altra attività di servizio, tenta, forse, di scorgere, dalla porta aperta dall’interno sul piccolo e grazioso balconcino, le fattezze di qualche prosperosa e procace villanella. L’atmosfera valligiana è testimoniata dalla costruzione tipo baita, dove tutto, tradizionalmente, sembra sottodimensionato….in particolar modo ambienti e vani in modo tale da evitare qualunque dispersione di calore. Da non molto pare abbia smesso di piovere, dato il fango e due profonde pozzanghere ben visibili, e la scena è collocabile tra il 1806 ed il 1807, dunque negli anni della (altro…)
Trombettiere che lascia il fuoco (già “Il Tromba # 2”)
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Trombettiere che lascia il fuoco (già “Il Tromba # 2”)
Trombettiere del Primo Reggimento Corazzieri, 1810-1812
Il dipinto, che vuole essere un omaggio al grande iconografo Jolly, mostra un trombettiere del I Reggimento Corazzieri in grande tenue de service. Il “Tromba”, nonostante l’impegnativo fatto d’armi da cui sembra essere reduce, sfoggia l’alto pennacchio (nel suo caso bianco) che, normalmente in campagna avrebbe dovuto essere riposto nella valigia dietro la sella. Come tutti i trombettieri dei Reggimenti Corazzieri, anche il nostro non veste la corazza, ma un’elegante giubba guarnita di spesse e robuste bottoniere (in questa circostanza pure bianche), pur indossando altri effetti tipici della specialità, quali elmo, ghette, stivali alti con paraginocchio e guanti alla moschettiera. Per inciso, sembra che il solo VII Reggimento avesse in dotazione un numero di corpetti sufficiente a “corazzare” anche i propri musicanti. La scena è sicuramente databile a partire dal 1811 in quanto il militare indossa l’ultimo tipo di elmo (in verità assai criticato per la scadente qualità dei materiali utilizzati) distribuito ai corazzieri tra la fine di quell’anno ed il 1815. Rispetto ai modelli precedenti, l’elmo presenta un cimiero dalla foggia e dalla fattura assai più semplificata, mentre in precedenza era arricchito, e certamente anche irrobustito, da eleganti e pesanti istoriazioni a sbalzo. Interessante anche la cordellatura dello strumento, che è bianca anziché scarlatta, come si può osservare, invece, in altra iconografia. Nella migliore tradizione trombettieristica, anche il Nostro monta una cavalcatura grigia con gualdrappa in vello di pecora nero anziché bianco, previsto invece per il resto della truppa.
Olio su tela
Cm 30 x 40
Collezione dell’Autore
Fiero piglio
Stefano Manni
Fiero piglio
Ufficiale superiore del Decimo Reggimento Corazzieri, servizio di Stato Maggiore, inizio del 1810.
Questo attempato ufficiale in servizio di Stato Maggiore (il pennacchio bianco invece che scarlatto ne da testimonianza: veniva sfoggiato, infatti, dagli Ufficiali più anziani o da quelli di Stato Maggiore ed il nostro uomo sembra accomunare entrambe le caratteristiche) indossa l’uniforme standard del suo rango, con doppia spallina frangiata in spessa canutiglia d’argento, come pure il doppio gallone argentato che guarnisce la sottopannatura scarlatta della corazza. L’immagine è senz’altro databile agli inizi dell’anno, dato che il colore delle mostre al colletto ed ai risvolti della tunica, oltre che la foggia della stessa, sono quelli in uso dal 1806 fino all’anno precedente, 1809 (tra il 1810 e il 1812, infatti, la tunica avrà falde allungate ed il colore reggimentale passerà dal giallo giunchiglia al rosa). La corazza è quella di terza tipologia da Ufficiale, distribuita tra il 1809 ed il 1815. Gli spallacci, che fino al 1809 prevedevano in genere, come per la truppa, la copertura a scaglie di rame, (anche se non pochi ufficiali già prima del 1809 tendevano a ricoprire i loro spallacci con catenelle di rame dorato) dopo tale anno appaiono sempre più ricoperti con catenelle, sui corpetti degli ufficiali, a duplice o triplice ordine (generalmente gli Ufficiali inferiori e/o subalterni avevano la doppia catenella). Non deve passare inosservato anche l’elmo tipo “Minerve”, dalla caratteristica ed esasperata foggia neoclassico-grecizzante, adottato per gli Ufficiali dei Corazzieri a partire dal 1810 con lo scopo di rendere il copricapo tipico il più possibile rassomigliante a quello dei Dragoni dell’Imperatrice, ritenuto il più marziale ed elegante. La figura sembra ostentare con orgoglio l’ammaccatura sul pettorale basso sinistro del panciotto che, per forma e dimensioni, appare essere dovuta ad una sciabolata inferta di punta e con violenza. Infine, si nota che il nostro uomo si è tolto cinturone con pendagli e sciabola, la cui elsa è visibile sul ripiano alle sue spalle, cui si appoggia.
Olio su tela
Cm 30 x 45
Collezione dell’Autore
Notizie dall’amata al campo dell’Armata
Stefano Manni (dell’Isola di Torre Maìna)
Notizie dall’amata al campo dell’Armata
Ufficiale subalterno del VI Reggimento corazzieri, 1807
Interessante notare che questo sottotenente indossa – evidentemente al di fuori dal loro usuale contesto – i calzoni attillati chiari dell’alta uniforme. Il giovane indossa, inoltre, la versione, modificata per ufficiali, del corpetto 1° modello da truppa (in dotazione tra il 1804 ed il 1809), che evidenzia una sottile incisione lungo il perimetro, appena sotto la rivettatura e la copertura degli spallacci con duplice ordine di catenelle in rame ottonato (pratica di tendenza ,assieme alla copertura a scaglie di rame ottonato come per la truppa, tra gli ufficiali prima dl 1809 e di sempre più larga diffusione dopo tale anno). Pare che gli ufficiali abbiano adottato, nel periodo 1804 – 1815, due fogge di corazza richiamanti rispettivamente il 1° e 3° modello da truppa. Corazzieri e sottufficiali, per contro, ne adottarono 3 modelli: 1802 – 1805, 1806 – 1808 e 1809 – 1815. L’elmo sembra essere quello distribuito agli ufficiali della specialità tra il 1804 ed il 1806, cui il nostro ha fatto applicare un elegante bulbo in rame ottonato sbalzato, in sostituzione di quello d’ordinanza, più modesto, ricoperto in crine nero.
Olio su tela
Cm 30 x 40
Collezione dell’Autore
Pensiero alla Patria lontana
Stefano Manni
Pensiero alla Patria lontana
Ufficiale subalterno del XII Reggimento corazzieri, tenuta da campagna, Russia 1812
Il nostro ufficiale indossa il terzo modello di corazza per ufficiali distribuito tra il 1809 ed il 1815, con doppio ordine di catenelle sugli spallacci, anche se curiosamente priva dell’incisione lungo il perimetro internamente alla rivettatura. Sfoggia, inoltre, i suoi pantaloni in pelle di daino, normalmente riservati all’alta tenuta, ed è ben visibile, sulla mostra al colletto, il colore reggimentale per il periodo considerato: il rosa. La tunica è quella regolamentare prevista in quell’anno, con falde medio-lunghe. Il risvolto esterno di quella sinistra, ornato da granata in argento, si intravvede lungo la medesima gamba. L’ufficiale, nonostante l’adozione della sella con copri fonde in tessuto blu scuro gallonati argento e profilati nel colore reggimentale, ha equipaggiato la propria cavalcatura con una testiera recante anche capezzina e false redini in cuoio anziché argento.
Olio su tela
Cm 40 x 50
Collezione privata