Una finestra aperta sulla «grande époque»

Archivio per settembre, 2010

Apres le feu et le galop

Apres le feu et le galop

Apres le feu et le galop

Stefano Manni

Apres le feu et le galop

Cannoniere del Reggimento Artiglieria a Cavallo della Guardia Imperiale

Questo mio lavoro – tratto da una tela di Edouard Detaille, ritrae un artigliere a cavallo della Guardia che, se nella postura replica quello raffigurato dal grande Maestro, per i dettagli iconografico-uniformologici si richiama all’indiscussa autorità di Lucien Rousselot, anch’egli eccelso artista e fedelissimo “cronista-illustratore” della Grande Armèe. L’immagine raffigura, dunque, un cannonier a cheval (artigliere a cavallo) della Guardia, appoggiato alla sua cavalcatura. L’uomo indossa il dolman ed i calzoni blu scuro d’ordinanza. Il dolman, come la pelisse pure blu scuro, reca paramani scarlatti ed è guarnito da 3 file di 18 bottoni semisferici uniti dai corrispondenti alamari in lana scarlatta (i cannonieri dell’artiglieria a cavallo della Guardia Consolare – e dal 1804 della Guardia Imperiale – hanno portato, fino al 1806, dolman e pelisse guarniti da 3 file di 18 bottoni in rame dorato, unite da alamari in lana scarlatta, mentre, a partire dalla fine del 1806, tale numero è sceso a 15… per ufficiali e sottufficiali, invece, le file di bottoni sono sempre state e restate 5 con alamari rispettivamente dorati ed in lana gialla e scarlatta). Il colletto è in tinta, profilato in scarlatto e la pelisse è ornata con pelo fulvo scuro (bianco per le pelisse da ufficiale e marmotta per quelle da sottufficiale e quartiermastro). Questo effetto di abbigliamento aveva solo i primi quattro o cinque alamari lunghi a sufficienza per poter essere utilizzati a chiusura del capo; gli altri, più corti, avevano esclusivamente scopo ornamentale lasciando che la pelisse, quando indossata, ricadesse per più di tre quarti aperta sul davanti. Normalmente la pelisse veniva portata drappeggiata e flottante sulla spalla sinistra e fissata, attorno al collo, sulla spalla destra, da un doppio o singolo cordoncino con olivetta che, nel caso specifico, è in lana scarlatta. I calzoni indossati con l’alta tenuta, e spesso anche in servizio attivo, erano blu scuro guarniti, sul davanti delle cosce, da fioroni all’ungherese scarlatti (ufficiali e sottufficiali vi portavano cuciti i distintivi di grado) e lungo le cuciture esterne da una banda di gallone anch’essa scarlatta. Questi pantaloni prevedevano l’utilizzo di stivali in cuoio nero all’ungherese (sotto il ginocchio), profilati da galloncino scarlatto a cuore con vertice verso il basso da cui pendeva un fiocchetto della stessa tinta. L’uniforme del nostro comprende l’abbondante colbacco in pelo d’orso, con pennacchio, fiamma e racchette scarlatti. Gli speroni, in ferro, come per il resto delle unità di cavalleria leggera, sono fissati al tacco. La fascia a cilindri è formata da cordoncini e cilindretti aurore e scarlatti, con funicelle di fissaggio e riscontro con fiocchetti aurore. Il suo fissaggio richiedeva una manovra piuttosto complicata ed una certa manualità. Gli artiglieri a cavallo montavano cavalli di taglia piccola o, comunque, non poderosa se si trattava di serventi o capi pezzo, mentre i conducenti delle pariglie di traino, potevano montare cavalli appartenenti a pariglie di prestanza fisica decrescente dal “timone” verso la “volata”. Portamantello e gualdrappa erano, con l’alta tenuta ed anche frequentemente in campagna, in panno blu scuro gallonati scarlatto. Alle estremità posteriori della gualdrappa, vediamo ricamato un fregio di granata in lana scarlatta. Finimenti del cavallo e testiera da alta tenuta sono in cuoio nero con fibbiame ottonato ed una capezzina profilata in scarlatto. La patta anteriore della sabretache, (agganciata a cinturino portasciabola con pendagli in cuoio tinto bianco) è, con la presente tenuta, blu scuro, gallonata in scarlatto e profilata in grigio argento e reca una placca dorata in latta o rame sagomata con il fregio dell’aquila imperiale coronata e sovrastante una coppia di cannoni incrociati (qui è visibile la patta posteriore in cuoio naturale scuro). La sciabola è praticamente identica a quella dei Cacciatori a Cavallo della Guardia ed è a lama ricurva, con elsa “a staffa” in ottone con impugnatura in cuoio nero “costolata” con sottili avvolgimenti in filo di rame. Il fodero, pure in ottone, presenta un fornimento in cuoio nero. Anche il nostro non sfugge alla pratica assai comune di infilare i guanti nella dragona della sciabola che, anch’essa in cuoio tinto bianco ma con nappa scarlatta (come quelle dei carabiniers a cheval), risulta assai appariscente. Infine, in cuoio tinto bianco anche bandoliera per la giberna.

Olio su tela

Cm 35 x 25

Collezione privata